Se la casa di vetro del Dr. Dalsace si affacciasse su un immaginario cinematico di un Oriente Kill Bill e la realtà si potesse disegnare come un graphic novel scritto al contrario e la fantasia fosse concreta come una copia di noi stessi in 3D
Se per una volta fossi tu ad aspettare me e non io ad aspettare te, fumando nervosamente la mia penultima sigaretta e comparissi così d’improvviso lontano tra gli alberi come in un fotogramma in bianco e nero di Truffaut
Se le cose di vetro si adagiassero infrangibili nel giardino dell’eterna primavera e usignoli giganteschi ci portassero cibo da sbocconcellare e rametti con cui giocare
Capiresti finalmente che ti amo