C’era una volta l’astro d’argento, che ispirava i poeti, gli innamorati,
i lunatici e i balletti in assenza di gravità, da Michael Jackson in giù.
C’era una volta, lassù nel cielo stellato, quella palla tonda tonda
che tu la guardavi e lei ti guardava e ti sentivi piccino picciò,
come dire: l’universo è assai più vasto di qualsiasi umana ambizione.
Persino Neil Armstrong se ne accorse, quando a bocca spalancata
e in mondovisione ascoltammo dalla sua americanissima voce,
l’emozione di quel piccolo balzello così grande per tutti noi,
Sting e The Police (Walking on the Moon) compresi.
Sì, la luna bussò e noi rispondemmo.
C’era una volta il futuro non ancora compromesso da previsioni,
statistiche, algoritmi, sondaggi che sarebbe stato bello continuare
a sognarcelo così come l’immaginavamo e non, invece, come diventò.
Spesso senza speranza, di bellezza sempre più rara, con pochissima
poesia, a volte troppo arrogante e a dosi omeopatiche di umanità.
Allora perché no?
Perché non trascorrere il Natale sulla Luna, con la fantasia?
Un Natale retrofuturista che ci rammenti l’importanza
di ogni bella favola a lieto fine.
Per guardare il mondo da un oblò e abbandonare i cattivi
pensieri nel Mare della Tranquillità.
Per riscoprire da lontanissimo, il segreto del Natale
e della sua meravigliosa unicità, di ciò che lo rende
da sempre così magico, così santo.
Per ritrovare noi stessi, per ricordarci chi siamo, per continuare
a sognare, perché in fondo è vero i sogni vivono per sempre.
E sorridiamo, ululiamo, urliamo alla luna:
Buon Natale anche a te, vecchia amica.